lunedì 2 maggio 2011

I cani che rinascono a nuova vita



Nella storia che segue si dimostra l'importanza di una giusta educazione,della sterilizzazione e di un'adozione consapevole.
Non esistono animali cattivi ma solo animali maltrattati privati dell'amore che ogni essere vivente ha diritto di avere.


Sono stati trasferiti da un mese al Rifugio di Novara gestito dall’Enpa.
E Benny, una femmina di quattro anni, si fa già coccolare e prendere in braccio. Anche Paco, Nerino, Boss, sono tranquilli. Mangiano ancora di notte, si rintanano nella gabbia di giorno. Come gli animali selvatici. Hanno ancora paura dell’uomo, che fino ad ora era il nemico da cui scappare, perché dava loro solo mazzate e mai un tozzo di pane.

Ma il branco-killer di Scicli, quello che ha azzannato a morte un bambino e ferito una turista, non esiste più. Ci sono solo quindici cani meticci, di media taglia, timorosi, spaesati, sorpresi che ci siano umani buoni che li accudisce con dedizione e garantisce un pasto mattina e sera. Eppure nel marzo 2009 il branco è stato odiato dalla popolazione ragusana che non capiva il linguaggio degli animali affamati e maltrattati. Tutti volevano la loro morte. Dovevano essere eliminati, una puntura e via. Per soddisfare una sete di vendetta collettiva. Invece sono stati portati al Nord, grazie alla costanza dei volontari della Lav di Ragusa, ed è cominciata la seconda vita del branco.
«Tra sei-otto mesi saranno tutti in grado di essere adottati, nessuno di loro è pericoloso, qualcuno ha ancora solo molta paura ma quando li facciamo uscire per la passeggiata non aggrediscono nessuno» racconta Giusi, bravissima educatrice cinofila che lavora al Rifugio assieme a Lorenzo sette giorni su sette per recuperare i cani disagiati e maltrattati.

Ma allora perché - le chiediamo - hanno aggredito quel bambino innocente? «Molto probabilmente non avevano più da mangiare o è possibile che il bambino abbia importunato il branco che ha quindi scatenato l’istinto predatorio» spiega Giusi. Vallo a capire il perché di quella disgrazia. Ma di sicuro la colpa non era solo dei cani randagi.
Gran parte della responsabilità è da attribuire a chi asseconda il randagismo e la proliferazione dei cani di strada. Nonostante l’obbligo di una sterilizzazione di massa e di un controllo più accurato del territorio. Ma questa è un’altra storia. Tutta politica. Quella umana, pardon, canina, riparte da Novara. Dove, per i cani della contrada Pisciotta, è cominciata una seconda vita. Come tanti altri quattro zampe che arrivano in un secondo centro piemontese gestito dall’Enpa che accoglie «gli ex combattenti».

Avete capito che si tratta di pitbull, quel genere di cani che si vedono spesso al guinzaglio di ragazzotti in cerca di potere o di consensi di un altro genere di branco. A Torino ne sono arrivati 33 dopo un maxi sequestro. Undici di loro sono già stati adottati, dopo un periodo di recupero, altri se ne stanno in gabbia in attesa di padroni più umani di quelli che li hanno fatti crescere solo per farli morire dilaniati in un lotta con un solo vincitore. Ma i soldi fanno questo e altro. E il giro di affari dei combattimenti clandestini tra cani è molto florido.

Giusi ci racconta con commozione come questi cani diventano delle macchine da guerra. «Vengono allenati all’aggressività fin da cuccioli. Rimangono sempre legati catene molto corte, vengono picchiati continuamente. Il cibo è a vista, vicino ma non troppo, ne sentono l’odore ma non lo possono mangiare. Poi arriva il padrone che ogni tanto gli offre qualcosa e li fa uscire dalla gabbia. Così nel cucciolo si scatena un’adorazione per quell’uomo che gli offre una mezz’ora d’aria. Ed è pronto a morire per lui». Basta, la descrizione di questa forma di tortura è troppo dolorosa per Giusi. Che ci racconta anche le storie a lieto fine.

«Ci sono questi pitbull adottati da famiglie con figli, escono in passeggiata, giocano con i bambini e la loro più grande felicità è dormire su un divano. Coccolato da un nuovo padrone».

Fonte:Il Giornale

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